Convince poco il film proiettato ieri sera al Festival del Film Locarno. La variabile umana di Bruno Oliviero ha segnato il ritorno del cinema italiano in Piazza Grande. Tuttavia, la pellicola risulta lenta, noiosa, e poco approfondita.
Ci troviamo a Milano. L’ispettore Monaco (Silvio Orlando) ha una lunga carriera alle spalle, ma anche un tragico evento: la morte della moglie. Questa svolta della sua vita l’ha condotto a distaccarsi dal mondo, da sua figlia e dal suo lavoro. Dopo mesi rinchiuso in ufficio, il suo capo lo obbliga a confrontarsi con un caso di omicidio. Il signor Ullrich, un ricco esponente della città, è stato ucciso da un colpo di pistola nel suo appartamento. Monaco parte così alla ricerca del colpevole, tra bordelli di giovani escort, cocaina e party di ricchi esponenti.
Era da tempo che un film italiano non veniva proiettato in Piazza Grande. Carlo Chatrian ha spiegato nella presentazione di ieri sera la volontà di cercarne uno adatto a tutti i tipi di pubblico: l’ha trovato ne La variabile umana. Tuttavia, il film risulta troppo lento. I dialoghi sono pochi. Il regista lascia parlare le immagini e i suoni. In questo film si cerca di dare una visione e una riflessione della relazione tra padre e figlia. Una relazione interrotta, costruita sull’incomprensione e sulla diffidenza. L’uso dei primi piani, però, è esagerato e non permette allo spettatore di raggiungere la distanza giusta per riflettere sulla storia. La recitazione di Silvio Orlando è impeccabile. L’esordio della giovane Alice Raffaelli (che interpreta Linda, la figlia dell’ispettore) è invece discutibile. Lo sviluppo della trama resta infine immerso in una spiacevole sensazione di un cocatenamento di ineluttabili eventi, ma senza una vera spigazione.
Insomma, forse le aspettative per il ritorno di un film italiano in Piazza hanno giocato a suo sfavore. La pellicola rimane, però, lenta e la riflessione sui personaggi troppo sfuggente. La variabile umana non convince.
Laura Dick