L’accompagnamento spirituale in Prigione

La parola prigione viene spesso abbinata a sbarre, malessere e solitudine, e difficilmente si immaginano le figure religiose al di fuori dai ruoli di evangelizzatori e convertitori dei perduti….

 

La libertà di religione fa parte dei diritti fondamentali che le prigioni svizzere si impegnano a garantire ai detenuti. Sebbene l’immagine maggiormente abbinata alle prigioni, sicuramente in parte influenzata dal mondo cinematografico, sia legata alle sbarre, alla solitudine, alla violenza e ad un senso di malessere, all’interno delle prigioni Svizzere operano i cappellani di prigione, importanti figure nell’accompagnamento religioso. Spectrum ha raccolto le testimonianze dei cappellani Yves Dawans, che lavora per l’Armée du Salut au Service des Prisons e che conduce la sua missione in cinque differenti prigioni, e Joël Bielmann, cappellano di Marly e dintorni e operante alla prigione Bellechasse e alla prigione centrale di Friborgo  Ci hanno parlato del loro mestiere…

Quali sono i compiti e i doveri di un cappellano all’interno di una prigione?

Il compito di un cappellano di prigione è soprattutto legato all’ascolto, all’accompagnamento spirituale e allo scambio durante incontri privati, visite o colloqui richiesti dai detenuti stessi, come anche all’animazione di celebrazioni religiose e momenti di lettura della Bibbia. Oltre ad attenersi alla propria missione spirituale, un cappellano di prigione deve anche “rispettare al meglio le regole della casa” come  spiega Joël: “ad esempio per quanto riguarda il rispetto di orari legati agli ateliers, come anche legati alla possibilità dei detenuti di uscire dalle loro celle”. In una prigione sono presenti differenti livelli di sicurezza, che implicano uno spazio d’azione più o meno ampio per i detenuti.

©Tanimara Sartori

Perché svolgere la vostra missione all’interno di un carcere?

Si tratta di un impiego a metà tempo proposto dai superiori gerarchici dopo un lungo periodo di servizio come agente pastorale, accettato come ci racconta Yves : “dopo un buon momento di riflessione e di preghiera, che mi hanno convinto ad accettare questo incarico, che non rimpiango”. Si tratta di un compito quindi svolto con entusiasmo e senza obbligo: “sono contento e mi entusiasma il fatto di incontrare tutte queste persone”  dice Joël: “non so mai cosa mi attende” continua il cappellano.

Quale rapporto avete con i detenuti?

“Ho un buon contatto con i detenuti” ci dice Joël, “ogni persona è differente, ma generalmente c’è molto rispetto per l’autorità religiosa” spiega Yves. In ogni caso, nessuno riferisce di essere mai stato oggetto di minacce o di lesioni fisiche. I cappellani operano su richiesta, e prestano il loro servizio a qualsiasi persona lo desideri, indipendentemente dalla fede professata: “hanno delle attese nei nostri confronti, che non sempre posso soddisfare” racconta Joël, riferendo per esempio alle richieste materiali di alcuni detenuti. Non si tratta di imporre la propria presenza ma si tratta di “avere l’attitudine all’ascolto” continua il cappellano di Marly. Inoltre il cappellano di prigione è  legato al segreto professionale, rappresentando così una delle rare figure all’interno delle prigioni con le quali i detenuti possano parlare senza la paura di ripercussioni istituzionali.

Qual è l’importanza della religione all’interno di un carcere?

“La prigione avvicina a Dio” secondo la testimonianza di un detenuto. Inoltre “la fede offre delle risorse di cui i detenuti non credenti sono privi” ci spiega Yves secondo le sue osservazioni, :“molti detenuti si rivolgono verso il loro Dio per far fronte a questa situazione di crisi di vita, per trovarvi aiuto e conforto”. Come  spiega Joël, le storie che maggiormente emergono riguardano “il modo di gestire l’incertezza” legata al proprio futuro, e, continua: “Non sapere cosa gli accadrà genera della sofferenza”. La presenza dei cappellani di prigione ha un effetto positivo, se non terapeutico, sui detenuti, aiutandoli ad alleviare la sofferenza